Quante volte negli ultimi mesi politici, governanti e “tecnici” dell’economia hanno affermato che “Siamo prossimi a uscire dalla crisi”, “I segnali della ripresa ormai sono chiari”, “La svolta c’è stata”, e così via? Magari con altre parole, il “senso” delle dichiarazioni di chi sta pilotando il Paese si mostra sempre di grande ottimismo. Le parole, è più che noto, non costano niente e, sul momento, possono fare presa sugli italiani fin troppo sfiduciati: che poi le “promesse” di un futuro migliore a portata di mano siano come neve al sole, poca importanza ha per chi le ha pronunciate. L’importante, per chi governa, è sostenere che tutto va bene e che non c’è motivo di preoccupazione. La mistificazione è qualcosa di talmente sottile che sfugge a qualsiasi regola, e di “regole” che vengono applicate ormai in giro se ne vedono ben poche. La mistificazione (che va di pari passo con la disinformazione) accontenta tanti, tantissimi italiani, quelli che (in un modo o in un altro) riescono a tenere il frigorifero sempre pieno e quanti (tanti, tantissimi) scorazzano con auto di lusso a dimostrare che crisi, per l’appunto, non c’è e che l’Italia è un Paese dove ogni cosa è al posto giusto.
Ma, la disoccupazione? Ma, l’occupazione? Non costituiscono un problema, soprattutto per i giovani e anche per i meno giovani: discoteche e ristoranti traboccano…e quindi non c’è crisi, il lavoro…c’è! Ma dove?
Ed ecco le statistiche. Secondo il rapporto dell’organizzazione di Parigi ”Oecd skills outlook 2015”, l’Italia è l’ultimo Paese dell’area Ocse per occupazione giovanile: appena il 52,8 per cento dei giovani tra i 25 e i 29 anni ha un’occupazione, contro una media pari nell’area al 73,7 per cento. In Italia in aumento anche il numero dei giovani inattivi, i cosiddetti “Neet”, che non sono nè occupati, nè a scuola o in formazione. Dunque il tasso di occupazione dei giovani tra 15 e 29 anni in Italia è sceso di quasi 12 punti percentuali tra il 2007 e il 2013, passando dal 64,33 per cento al 52,79 per cento: si tratta del secondo peggior dato tra i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa, dietro solo alla Grecia (48,49 per cento). L’Italia è invece quartultima tra i Paesi Ocse per il tasso di occupazione nella fascia d’età 30-54, sceso dal 74,98 per cento del 2007 al 70,98 per cento del 2013. Il nostro Paese, sottolinea l’organizzazione, ha “uno specifico problema di disoccupazione giovanile, in aggiunta a uno più generale”, a causa di “condizioni sfavorevoli e debolezze nel mercato del lavoro, e nelle istituzione sociali ed educative”.
La situazione in Sicilia? Non ci sono statistiche che tengano, è tutto fuori schema, ovviamente in negativo. Nell’Isola la realtà è ancora più buia: manca una qualsiasi prospettiva per i giovani, non c’è futuro nell’occupazione per chi naviga nella fascia d’età tra i 30 e i 54 anni.
Nessun “Matteo” del momento può dare risposte che corrispondano al vero.